Il Natale era ancora, negli anni Cinquanta e nei primi anni Sessanta, una festa che aveva qualcosa a che fare con lo spirito e con l’anima. Non era necessario essere cristiani per pensare che in quella notte si compiva un evento straordinario, che per i credenti era la nascita di Gesù, e per gli altri (per me, per esempio, che sono di madrepatria russa, dove si festeggia non Cristo ma «papà Gelo») era qualcosa di magico e di fatato, di irrazionale, di incomprensibile. Pensavamo sul serio che il giorno di Natale gli uomini fossero tutti un poco più buoni.
Massimo Fini