“Essere coreani nel Giappone del XX secolo e’ come giocare a pachinko, gioco d’azzardo giapponese, una battaglia contro forze più grandi che solo un colpo di fortuna può ribaltare”.
Siamo negli anni 30 in Corea, paese colpito dall’occupazione giapponese. Sunya, tradita da un uomo che l’ha fatta innamorare, incinta di suo figlio, decide di lasciare il paese a seguito di un pastore, che nonostante tutto decide di sposarla e dare un nome a suo figlio.
Una donna costretta a fuggire dal proprio paese, durante uno dei periodi più bui della storia coreana. L’occupazione giapponese ha reso poveri i coreani, li ha privati della loro identità, costringendoli ad usare una lingua sconosciuta e a rinnegare il proprio paese.
Una storia di circa mezzo secolo, dove la resilienza è pratica quotidiana, dove il dolore, la sofferenza, la povertà sono una costante. Il libro ruota intorno a diverse generazioni della stessa famiglia, a partire dai genitori, figli e nipoti, tutti schiacciati dalla società nipponica. Scava a fondo nell’animo dei protagonisti, rappresentando soprattutto le donne molto forti, piene di risorse, forza di volontà e ricche di umanità.
Commovente, bello, ben scritto, ti coinvolge emotivamente dall’inizio alla fine.
